Ascanio della Corgna. Marchese di Castiglione del Lago e del Chiugi, Governatore Perpetuo di Castel della Pieve.

Scritto il 28/05/2020
da Lorenzo Berna


Frequente teatro di scontri politici e militari, sovente passata di mano per la sua rilevanza strategica ed economica, Città della Pieve legò una parte significativa della propria storia ad uno dei principali capitani di ventura di ogni epoca: Ascanio della Corgna.

Figlio di Francesco (detto “Francia”) di Berardo della Corgna e di Giacoma Ciocchi del Monte (sorella di Giovanni Maria, futuro papa Giulio III), Ascanio nacque a Perugia il 31 luglio 1514.

Superbo spadaccino, eminente ingegnere militare e celeberrimo condottiero, si contraddistinse per le proprie imprese (passò alla storia la sua vittoria nel duello contro il nobile fiorentino Giovanni Taddei nel 1546 a Pitigliano, poi riprodotta nel 1574 da Niccolò Circignani detto “il Pomarancio” in un affresco presso Palazzo della Corgna a Castiglione del Lago) e per la propria risolutezza anche di fronte al pericolo.

Nel 1536, perse l’occhio destro durante la battaglia di Casale Monferrato, ma proseguì nella propria carriera militare.

Nel 1550, dopo che la madre Giacoma aveva concesso un considerevole prestito di denaro alla Santa Sede, papa Giulio III ricambiò conferendole in enfiteusi il feudo di Castiglione del Lago e del Chiugi. Ad Ascanio, nominato “Generale della Chiesa”, fu assegnata l’amministrazione proprio di Castel della Pieve, in qualità di “Governatore perpetuo”.

Già nel 1555, dopo la morte dello zio Giulio III e il brevissimo pontificato di Marcello II, il nuovo pontefice Paolo IV, al culmine di contrasti con Ascanio, gli revocò l’amministrazione del borgo e gli confiscò l’intero patrimonio personale.

Ascanio dovette attendere ben otto anni per essere reintegrato nei propri possessi: questo avvenne nel 1563 grazie a papa Pio IV, che lo nominò, insieme al fratello e cardinale Fulvio, marchese di Castiglione del Lago e del Chiugi.

Fu l’epoca di maggior prestigio per Ascanio, che disponeva, fra gli altri, del potere di mero et mixto imperio (ossia, gli erano delegate tutte le funzioni di governo, militari, giudiziarie e tributarie), oltre a quello di battere moneta. Sposò Giovanna Baglioni, rampolla dell’omonima famiglia egemone perugina, da cui però non ebbe figli. Abile architetto militare, progettò, altresì, un sontuoso palazzo nel centro di Castel della Pieve, di cui avrebbe visto solo l’inizio della costruzione.

Ma già nel 1564, Pio IV, sulla base di gravi accuse mosse ad Ascanio (fra cui sequestri, stupri e omicidi), lo fece incarcerare a Castel Sant’Angelo. Svincolò, inoltre, Castel della Pieve dal Marchesato, su richiesta degli abitanti, oppressi dalla pesante tassazione imposta dai dalla Corgna, probabilmente anche per provvedere alle spese di edificazione del relativo palazzo.

Già nel 1565, tuttavia, Ascanio fu rilasciato, grazie all’intercessione del fratello Fulvio e di altre illustri personalità e dietro l’esborso di 24.000 scudi d’oro.

Ma, soprattutto, serviva il genio militare di Ascanio a Malta, che era assediata dai Turchi e le capacità del grande condottiero erano troppo preziose per potervi rinunciare in un evento tanto decisivo per la difesa della cristianità. Ascanio tornò vincitore e fu ancora reintegrato alla guida del Marchesato (con l’esclusione questa volta però di Castel della Pieve).

Nel 1571, a fronte del nuovo incombere della minaccia ottomana, Ascanio riprese le armi. Il 7 ottobre di quell’anno, nominato maestro di campo generale delle fanterie dell’armata che si preparava ad affrontare i Turchi, partecipò alla celebre battaglia di Lepanto, ove la Lega cristiana sbaragliò la flotta ottomana. Al rientro in Italia, però, forse per il freddo patito in mare, Ascanio si ammalò gravemente. Gli fu quindi consigliato di fermarsi a riposare a Roma, ove spirò il successivo 3 dicembre.

Il suo corpo, imbalsamato e ricoperto con un drappo di fili d’oro, fu portato a Perugia. Qui, al termine di un imponente funerale, fu inumato nella cappella di Sant’Andrea, presso la Chiesa di San Francesco al Prato.