La città del mattone.

Scritto il 28/05/2020
da Lorenzo Berna


Chi giunge a Città della Pieve, avendo già visitato o comunque conoscendo il resto dell’Umbria, resta colpito dalla sua singolare colorazione.

Mentre i centri del resto della regione sovente presentano un aspetto biancastro dovuto al copioso impiego di travertino, gli edifici pievesi sono realizzati in mattoni, che conferiscono al borgo una tonalità rossastra, tanto da renderlo più simile a molti centri toscani.

Tale elemento si deve alla mancanza, nel luogo, di cave di pietra, a cui sin da subito si decise di sopperire facendo uso della cospicua presenza di argilla di eccellente qualità. Inevitabile fu lo sviluppo della produzione del laterizio, documentata almeno sin dal XIII secolo e a cui contribuirono persino numerose maestranze lombarde, scese sin qui e in buona parte stabilitesi nell’odierna via Manni, anticamente nota proprio come “via Lombardia”.

Le fornaci pievesi perfezionarono la relativa produzione, realizzando persino opere artistiche, alcune delle quali tutt’oggi sono visibili negli adorni degli archi presenti in molti edifici cittadini.

E certamente il mattone divenne una vera e propria ricchezza per tanti abitanti del borgo. Non a caso, nel 1250 Perugia, riconquistata Castel della Pieve, ne punì la ribellione costringendola a fornire tanti mattoni quanti ne occorressero per lastricare la piazza del Sopramuro, ancora esistente presso l’odierno capoluogo umbro.

Per buona parte del Novecento, la produzione dei laterizi pievesi si concentrò nella località di Ponticelli, prezzo una fornace, oggi demolita, la quale, peraltro, fornì materiali pure per la realizzazione della stazione ferroviaria di Roma Termini.

La produzione del laterizio fatto a mano, tuttavia, è rimasta un’eccellente attività di nicchia nell’economia locale.