Città della Pieve, una storia ultra millenaria.

Scritto il 28/05/2020
da Lorenzo Berna


Pur sviluppatasi per lo più dall’età medievale, il territorio di Città della Pieve conobbe senz’altro la presenza umana almeno sin dall’epoca etrusca. La sua rigogliosa campagna, nel cuore della fertile valle dell’antico fiume Clanis, era ricompresa nel fertilissimo territorio da cui la vicina Chiusi, potente lucumonia etrusca, traeva il relativo sostentamento alimentare.

La presenza dell’antico popolo d’Etruria nel territorio pievese è confermata da una copiosa quantità di rinvenimenti archeologici, effettuati soprattutto negli ultimi due secoli, dai quali si è desunta la presenza di importanti famiglie proprietarie terriere dell’epoca.

In epoca romana, il colle ove oggi sorge il borgo fu noto come “Monte di Apollo”, forse per la presenza di un tempio dedicato al dio del Sole.

Le prime origini della futura Città della Pieve come centro abitato risalgono, tuttavia, all’Alto Medioevo. Nel VII secolo d.C., l’area cadde sotto la dominazione dei Longobardi, che fortificarono il colle pievese, posto ai confini meridionali del Ducato di Tuscia, in funzione di avvistamento della bizantina Perugia.

Nel centro fortificato (in latino, castrum) fu realizzata una pieve (plebs), cioè una chiesa con fini battesimali. L’edificio di culto fu intitolato ai Santi Gervasio e Protasio, martiri assai venerati presso i Longobardi. Dai termini suddetti e dal nome del primo santo, nacque l’originario toponimo del borgo: “Castrum Plebis Sancti Gervasi”.

Frattanto, il progressivo impaludamento della sottostante Val di Chiana costrinse le genti della pianura a trasferirsi in alto. Il piccolo castrum conobbe così un sensibile incremento demografico e, attorno all’anno Mille, probabilmente sotto l’egida della nascente potenza di Perugia, fu munito di una cinta muraria ed elevato a “castello”, assumendo il nome di “Castel della Pieve”.

Nei decenni a seguire, il borgo crebbe ulteriormente in popolazione, grazie allo sviluppo dei commerci e delle attività economiche, fra cui, in particolare, la produzione del laterizio e la lavorazione del ferro battuto, nonché di un tessuto assai pregiato e ricercato: il panno cremisi. A ciò contribuiva anche la felice posizione di Castel della Pieve, posta a ridosso di una delle principali arterie di comunicazione dell’epoca, la via Romea Germanica (detta anche Via di Stade), che collegava Roma con la Germania, nonché relativamente vicina (circa 30 km) alla celebre via Francigena.

Frattanto, nel 1188, Castel della Pieve cadde sotto la dominazione di Perugia, che la pose a controllo del Chiugi (l’area compresa fra il Lago Trasimeno e il Lago di Chiusi). La classe politica pievese, tradizionalmente filoghibellina, si trovò frequentemente contrasto con la città del Grifo. Quest’ultima, tuttavia, giammai fu propensa a rinunciare ad un avamposto tanto importante, a ridosso dei domini di Orvieto, nemica di Perugia seppur anch’essa guelfa, e, soprattutto, della Repubblica di Siena, fra le principali potenze ghibelline dell’epoca.

Nel 1228, approfittando del conflitto scoppiato fra le truppe imperiali e senesi e le città umbre di Orvieto e Perugia, Castel della Pieve si ribellò a quest’ultima, proclamandosi libero comune sotto la protezione dell’imperatore Federico II di Svevia.

Nel 1250, dopo la morte di Federico II, Perugia riprese il comando del borgo e al fine di evitare una nuova ribellione, il governo perugino vietò che Castel della Pieve potesse ulteriormente espandersi affinché non divenisse ancor più potente. Per tale motivo, il definitivo assetto dell’impianto urbanistico cittadino sarebbe rimasto, sino ad oggi, quello consolidatosi durante l’epoca comunale, nel secondo quarto del XIII secolo.

In realtà, la dominazione perugina non fu scevra di interventi architettonici sul borgo. Tra la fine del Duecento e la prima metà del Trecento, furono eretti svariati edifici: dalla nuova Pieve (futura Cattedrale) dei Santi Gervasio e Protasio al Palazzo dei Priori, dalla Torre Civica alla Torre del Vescovo, oltre alla stessa Rocca Perugina.

Ma l’avversità dei pievesi a Perugia, nonché al Papato, non si sarebbe sopita, tanto che nel 1375 Castel della Pieve si ribellò nuovamente, aderendo alla Lega della Libertà e alleandosi a Milano e Firenze. L’episodio suscitò le ire del pontefice Bonifacio IX, che nel 1403 punì Castel della Pieve con l’interdetto, provvedimento avente l’effetto di impedire lo svolgimento delle funzioni religiose presso un determinato luogo.

Per la città si aprì un’epoca di particolare instabilità politica, con la caduta sotto il dominio di celebri condottieri quali Biordo Michelotti e Braccio Fortebraccio da Montone, ambedue signori di Perugia, che la riportarono sotto l’influenza di quest’ultima.

Frattanto, tra il 1448 ed il 1450, nacque a Castel della Pieve Pietro Vannucci, meglio noto come “il Perugino”, fra i più celebri artisti del Rinascimento italiano, di alcune delle cui opere si sarebbe fregiata anche la sua città natia.

Sul finire del XV secolo, su consenso perugino, si affermò su Castel della Pieve la signoria dei Bandini. Famiglia di origine orvietano-senese, stirpe di condottieri al servizio di Firenze e di Venezia, si stabilirono in un palazzo progettato dal celebre Baldassarre Peruzzi, ancora oggi visibile nell’odierna via Roma.

Ma le tensioni, specie con l’egemone Perugia, non si placarono, con conseguenze drammatiche anche sull’economia locale. Nel 1525, i contadini pievesi, esasperati, scatenarono l’ennesima rivolta contro Perugia, rimarcando le simpatie filoimperiali di Castel della Pieve. Due anni dopo, le truppe francesi di Francesco I, calate in Italia a sostegno di papa Clemente VII durante il “sacco di Roma” messo in atto dai Lanzichenecchi dell’imperatore Carlo V d’Asburgo, espugnarono e devastarono il borgo.

Resosi conto dell’insostenibilità di una simile “spina nel fianco”, nel 1529 papa Clemente VII pose Castel della Pieve sotto il diretto controllo pontificio. Da allora, l’amministrazione del borgo sarebbe stato a lungo assegnata a governatori di nomina papale, per lo più cardinali o parenti dei medesimi pontefici.

Nel 1550, papa Giulio III, onde ripagare la sorella Giacoma di un copioso prestito da questa elargito alla Santa Sede, le conferì, prima in enfiteusi poi in feudo, il territorio di Castiglione del Lago e del Chiugi. Castel della Pieve, che sorgeva ai margini di tale area, fu così assegnata al figlio di Giacoma, il celebre capitano di ventura Ascanio della Corgna, in qualità di “governatore perpetuo”.

Nel 1555, Ascanio, per una serie di aspri contrasti, fu incarcerato e rimosso dal nuovo papa, Paolo IV. Nel 1560, Castel della Pieve fu assegnata al governo del cardinale Fulvio della Corgna, fratello di Ascanio. Quest’ultimo fu scarcerato e reintegrato nel relativo patrimonio solo nel 1563 dal nuovo pontefice, Pio IV, che lo insignì, insieme a Fulvio, del titolo di marchese di Castiglione del Lago e del Chiugi. Tuttavia, già l’anno seguente, i cittadini di Castel della Pieve, esasperati per la tassazione fiscale imposta da Ascanio, gli si ribellarono, chiedendo al papa di assumere direttamente il controllo del borgo. Mentre Ascanio veniva nuovamente imprigionato (anche) per una serie di ulteriori gravi accuse, Castel della Pieve fu svincolata dal Marchesato.

Ascanio sarebbe stato a breve rilasciato per consentirgli di partecipare alla difesa di Malta, assediata dai Turchi. Ma, tornato vincitore e reintegrato alla guida del Marchesato, non ottenne più il governo di Castel della Pieve.

E mentre il grande condottiero entrava nell’ultima fase della propria vita (sarebbe perito dopo il rientro dalla vittoriosa battaglia di Lepanto nel 1571), Castel della Pieve fu assegnata a nuovi governatori (per un certo periodo, anche Diomede, nipote e figlio adottivo di Ascanio), fra cui, dal 1571 al 1588, il cardinale Ferdinando de’ Medici, futuro granduca di Toscana.

Frattanto, il fiorire delle arti e dei commerci e la sua sempre maggiore importanza strategico-militare fecero ulteriormente sviluppare il borgo. Nel 1600, il castello fu elevato da papa Clemente VIII a “Città”. Il toponimo divenne così “Città di Castel della Pieve”, che a breve, per la lunghezza e per l’eccessiva somiglianza con “Città di Castello”, divenne “Città della Pieve”.

Il medesimo pontefice, con la bolla “In supereminenti” del 25 settembre 1600, proclamò il borgo sede diocesana, in tal modo svincolando il circondario pievese dalla diocesi di Chiusi, di cui faceva parte fino allora.

Il Seicento fu un’epoca tutt’altro che pacifica per Città della Pieve, che sorgeva in prossimità del confine fra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana. Sul finire della prima metà del XVII secolo, le ambizioni di dominio da parte di papa Urbano VIII sul Ducato di Castro condussero ad un sanguinoso conflitto che coinvolse anche Città della Pieve. Nel 1643, infatti, il borgo, difeso da un piccolo contingente papale comandato da Frizza Napolitano, fu espugnata dall’esercito toscano, guidato dal principe Mattias de’ Medici e dal condottiero aretino Alessandro Dal Borro.

L’occupazione toscana durò oltre un anno, fino a quando Città della Pieve rientrò nel dominio pontificio.

A seguire, rilevanti interventi architettonici e la bonifica della Val di Chiana impressero a Città della Pieve l’affascinante aspetto odierno, nel quale, entro un impianto urbanistico di origine medioevale, si sono alternati pregi rinascimentali, barocchi, manieristi, rococò e neoclassici. Rendendo, così, il borgo uno straordinario scrigno di bellezza, pronto ad aprirsi al visitatore.